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Hypnerotomachia Poliphili

Edizione critica e commento a cura di Giovanni Pozzi e Lucia A. Ciapponi

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Questa edizione affianca alla riproduzione dell'originale del 1499 (tomo I) la prima traduzione integrale in una lingua moderna e un ampio commento che tenta di chiarire, per la prima volta sistematicamente, i molti enigmi ancora irrisolti (tomo II). Sono trascorsi oltre cinquecento anni da quando Aldo Manuzio, primo e inarrivato fra gli editori di letteratura, pubblicò la Hypnerotomachia Poliphili, e questo abnorme romanzo misteriosofico, ritenuto - anche in virtù delle mirabili xilografie che lo illustrano - il più bel libro della storia della stampa, conserva intatta la sua aura di affascinante enig-maticità. E non cessa di suscitare stupore, interrogativi e acri polemiche. Risolta la questione del suo autore, identificato da Giovanni Pozzi in un Francesco Colonna frate indocile e libertino, resta il mistero del linguaggio, che mescola temerariamente italiano, latino e greco, e che nella sua oltranza espressiva può essere paragonato solo all'ultimo Joyce. E resta il mistero di una narrazione che pare sottrarsi a ogni tentativo di classificarla. Polifilo ritrova in sogno l'amata Polia superando una serie di prove iniziatiche: un viaggio dell'anima, intrapreso in lotta con Amore per raggiungere la vera Sapienza, un pellegrinaggio onirico fatto di trabocchetti e prodigi, meraviglie e incubi, rovine classiche e giardini di delizie, fantastiche e iperboliche architetture, inquietanti e fascinose personificazioni allegoriche, ma anche un'eruditissima enciclopedia di miti, iscrizioni, emblemi, dotte ossessioni filologiche, mirabili lapidarii, erbari e bestiari. Dall'edizione "Adelphi - Classici" Sono trascorsi cinquecento anni da quando il veneziano Aldo Manuzio, primo e inarrivato fra gli editori di letteratura, pubblicò l' Hypnerotomachia Poliphili , e questo abnorme romanzo misteriosofico, ritenuto - grazie anche alle mirabili xilografie che lo illustrano - il più bel libro della storia della stampa, conserva miracolosamente intatto il suo fosco fascino. E non cessa di suscitare stupore, interrogativi e acri polemiche. Risolta la questione del suo autore, che Giovanni Pozzi ha identificato in un Francesco Colonna frate indocile e libertino, resta il mistero dei linguaggio, spericolato e intrepido esperimento in cui "l'orditura italiana di un periodare boccaccesco è ... saturata dai più affollati e squisiti latinismi di estrazione argentea» (Contini). Un unicum manieristico che per la sua oltranza espressiva può essere paragonato solo all'ultimo Joyce. E resta il mistero di una narrazione che pare sottrarsi a ogni tentativo di classificarla. Polifilo ritrova in sogno l'amata Polia superando una serie di prove iniziatiche: un viaggio dell'anima, intrapreso in lotta con Amore per raggiungere la vera Sapienza, un pellegrinaggio onirico fatto di trabocchetti e prodigi, meraviglie e incubi, rovine classiche e giardini di delizie, fantastiche e iperboliche architetture, inquietanti e fascinose personificazioni allegoriche, ma anche un'eruditissima enciclopedia di miti, iscrizioni, emblemi, dotte ossessioni filologiche, mirabili lapidari, erbari e bestiari. Questa nuova edizione affianca alla riproduzione dell'originale la prima traduzione integrale in una lingua moderna, rendendo così finalmente accessibile il testo forse più arduo della nostra letteratura. Non solo: il commento che la correda, in cui si ricostruisce e si discute un imponente apparato di fonti classiche, medioevali e umanistiche, tenta di chiarire, per la prima volta sistematicamente, i molti enigmi che costituiscono la cifra di questo romanzo, da sempre circondato da un'aura di affascinante incomunicabilità, permettendoci così di cogliervi innumerevoli risonanze. Dall'introduzione al volume secondo Il sogno è un luogo oscillante fra terra e cielo, tra le affezioni corporee e sensibili, che ne obnubilano la visione, e le aspirazioni dell'anima dischiusa a conoscere e migrare, a vedere chiaramente l'intelligibile. Tra queste umane estremità si svolge il viaggio di Polifilo e la sua battaglia per trasmutare dai lacci carnali a « novelle qualitate d'amore » (HP, p. 234), fino al purus amor» (HP, p. 365): è il pellegrinaggio dell'anima oltre il corpo, ovvero l' Hypnerotomachia Poliphili . li percorso è arduo e mirifico perché la psiche è duplice nella debolezza e nella forza dei suoi desideri: tentata dalle illusioni ferine e mortali di questo basso inondo, attratta dalla virtù e dall'intelligenza delle cose immortali. Come il Lucio apulciano transita dalla sua lasciva asinità alla compassionevole Madre Iside e ai soterici misteri, così Polifilo, il personaggio narrante e agente dell'Hypnerotomachia, passa dal doloroso groviglio della cieca libidine ai lumi iniziatici e sublimi di Venere Madre, la cosmica, buona crotocrate. Dinanzi a essa si unirà infine alla guida e meta della sua volontà d'amore, ossia a Polia, figura sabientiae e nuova Beatrice. Il sogno è uno specchio dove l'aníma si guarda, perciò le immagini oniriche più che viste vanno osservate, e Polifiloè inesauribilmente attento, proteso com'è a soddisfare la sua filosofica curiositas (HP, p. 59: « pensare curioso, cum scrutarii occhi... ») attraverso la portentosa visio in somniis che lo investe e lo sconcerta (« al dextro et sinistro lato ... di nitore speculabile. Tra gli quali ... facendo transito fui dilla propria imagine da repentino timore invaso»). L'osservazione del linguaggio onirico diviene cognizione del medesimo quando, come in uno specchio - parallelismo acutamente sviluppato dall'onirocritica medioevale -, si trasforma in auto-osservazione, cioè nel rispecchiamento dell'itinerario psichico, e Polifilo non perde occasione di ricordare e descrivere con pignoleria e minuzia tutte le immagini che gli corrono dinanzi: sa che dalla loro memoria e dalla loro decifrazione dipende la soluzione della propria psicomachia erotica. Come scrive Alano di Lilla al termine dei suo De planctu naturae, anche Polifilo, alla conclusione del suo sogno speculare, potrebbe ripetere: « Huius igitur imaginarie visionis subtracto speculo, me ah extasis excitatum insomnio prior mistice apparitionis dereliquit aspectus,>>. Ma vediamo, in breve, la storia sognata, tenendo innanzitutto presente che il romanzo è stato pensato e composto dall'Autore secondo uno schema ternario. Tre sono in sostanza i livelli onirici « vissuti » dal protagonista Polifilo (cfr. HP, pp. 12, nota 13; 19, nota 14), tre gli stati psicocrotici che attraversa: la passionalità irrazionale e infantile (cfr. HP, p. 40, nota 2), la liberalità d'amore che muta il giovane amante in uomo libero di scegliere (cfr. HP, pp. 78, no- ta 3; 122, note 3 e 4), l'amore nella sua duplice manifestazione di voluptas terrena e celeste (cfr. HP, p. 381, nota 1). La prima difficoltà che l'anima incontra nella sua onirica battaglia d'amore» è il graduale distacco dal corpo, affinché riesca a vedere, a distinguere le immagini che le si pongono davanti, oltre l'ostacolo dei richiami, distrattivi, del sensibile.E' la selva, già dantesca, che abbuia la psiche come gli adunchi rovi dell'oscuro bosco abbranchiano le vesti di Polifilo, smarrito e lordo di sporcizia: ma l'ascensus animali si nutre di luce, non di tenebre, e Polifilo con mente pura invoca Giove « Diespater », il sommo padre del fulgido giorno. Ed ecco che la caligine si dipana e agli occhi interiori appare un ruscello, cui però non ci si può dissetare perché distratti da un canto lontano. L'acqua corrente è qui ancora un richiamo al caduco fluire dei sensi mondani, perciò a essa non si disseta Polifilo, incantato dalla melodia che prefigura, come un eco, le armonie celestiali che l'anima godrà in fondo al viaggio. Oltre il rivo, sotto antichissima quercia, sacro oracolo di Giove, Polifilo si addormenta di nuovo, ma di un sonno profondo che lo fa sognare nel sogno: è la tecnica dell'incubazione praticata nei culti greci e latini, onirica e divinatoria insieme, con la quale, purificato e sopito il corpo, in un luogo sacro, l'anima, sgombra dei residui fisici, è pronta a volare e ad apprendere l'avvenire e il divino. All'inizio di una simile visio sono d'obbligo un ammonimento e una speranza: la presenza di un lupo, bestia da evitare perché immagine dell'avaritia amoris che a niente conduce, e l'evidenza di palmizi, annuncio della futura vittoria dell'anima. Ma ancora un nodo va sciolto. placare, dopo i pesi somatici già addormentati, anche quelli psichici, avvicendamento che il Colonna rappresenta inventando prodigiosi marchingegni monumentali, semplicissimi nella loro ossatura simbolica, ridondanti fino a stordire il lettore nella incontenibile messa in scena. Una immensa struttura piramidale con altissimo obelisco su cui svetta una statua dell'Occasio-Fortuna; un « magno caballo » pegasco su cui cercano invano di salire dei fanciulli; un non meno grande e corpulento elefante sovrastato da un altro obelisco; un colosso bronzeo abbattuto; una «magna porta»: tutte immagini che mai più ricorreranno così dilatate nel proseguo dell' Hypnerotomachia .

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Hypnerotomachia Poliphili, Francesco Colonna, Giovanni Pozzi, Lucia A. Ciapponi

  • Traces of moisture / spills
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1980
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(Paperback),
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